venerdì 27 novembre 2015



Cristo si è fermato a Eboli Di Carlo Levi 
Editore: Einaudi (Gli struzzi, 74)
Numero di pagine: 235 | Formato: Paperback
Isbn-10: 8806422839 | Isbn-13: 9788806422837
Data di pubblicazione: 01/01/1997 | Edizione 1






Ci sono uomini sopra la media, Carlo levi è uno di questi  

Che pensare di un uomo che non solo è medico, ma è anche un valido pittore, che sa scrivere in modo eccellente ed esprime concetti politico-sociali così complessi e chiari e allo stesso tempo? Si può solo pensare che sia una mente geniale. Nella mia piccolezza e nella mia testa di personcina banale e prevenuta non avevo mai letto questo libro che, come tanti altri classici della letteratura italiana del novecento, reputavo dovesse essere noioso e di scarso interesse. In effetti se si pensa che certi libri vengono fatti leggere durante l'adolescenza, che risultino noiosi ci può stare, trattano di argomenti che a quell'età  raramente interessano, ed io quasi di certo mi sono fatta influenzare dai commenti negativi di chi era stato costretto a leggerli  troppo presto per apprezzarli.
Questa mia riscoperta di una letteratura passata si sta rivelando un bel viaggio, una sorprendente scoperta che per contro mi fa sembrare banali e insulsi quasi tutti gli autori contemporanei.
Questo è un libro vero e bellissimo, ciò che Carlo levi racconta è la sua storia, la sua esperienza, non è un romanzo inventato, e le sue considerazioni sull'Italia dell'epoca sono interessanti ed intelligenti, ma soprattutto lungimiranti, in quanto alcuni meccanismi sono e saranno sempre validi, seppur calati in contesti differenti il succo prodotto da certi ingranaggi è lo stesso.
Sarò prolissa nelle citazioni, ma non sono capace di esprimere con parole mie ciò che ho percepito leggendo alcune frasi, purtroppo non sono altrettanto brava nello scrivere i miei pensieri come spero di esserlo con la pittura, non sono una persona sopra la media come lo è stato Carlo levi, capace di fare tutto e farlo bene.
CITAZIONI
“c’erano i galantuomini e c’erano i briganti, i figli dei galantuomini e i figli dei briganti. Il fascismo non aveva cambiato le cose. Anzi, prima, con i partiti, la gente per bene poteva state tutta da una parte, sotto una bandiera particolare, e distinguersi dagli altri e lottare sotto una veste politica. Ora non ci resta che le lettere anonime, e le pressioni e le corruzioni in Prefettura. Perché nel fascismo ci stanno tutti. – Io, vede, sono di una famiglia di liberali. I miei bisnonni sono stati in prigione, sotto i Borboni. Ma il segretario del fascio, sa chi è? È il figlio di un brigante.”

“Tutti i giovani di qualche valore, e quelli appena capaci di fare la propria strada, lasciano il paese. I piú avventurati vanno in America, come i cafoni; gli altri a Napoli o a Roma; e in paese non tornano piú. In paese ci restano invece gli scarti, coloro che non sanno far nulla, i difettosi nel corpo, gli inetti, gli oziosi: la noia e l’avidità li rendono malvagi. Questa classe degenerata deve, per vivere (i piccoli poderi non rendono quasi nulla), poter dominare i contadini, e assicurarsi, in paese, i posti remunerati di maestro, di farmacista, di prete, di ma-resciallo dei carabinieri, e cosí via. È dunque questione di vita o di morte avere personalmente in mano il potere; essere noi o i nostri parenti o compari ai posti di comando.”

“I contadini ammazzano tutte le capre. Per forza. La tassa chi può pagarla? – Pare infatti che il governo avesse da poco scoperto che la capra è un animale dannoso all’agricoltura, poiché mangia i germogli e i rami teneri delle piante: e aveva perciò fatto un decreto valido ugualmente per tutti i comuni del Regno, senza eccezione, che imponeva una forte imposta su ogni capo, del valore all’incirca della bestia. Cosí, colpendo le capre, si salvavano gli alberi. Ma a Gagliano non ci sono alberi, e la capra è la sola ricchezza del contadino, perché campa di nulla, salta per le argille deserte e dirupate, bruca i cespugli di spine, e vive dove, per mancanza di prati, non si possono tenere né pecore né vitelli. La tassa sulle capre era dunque una sventura: e, poiché non c’era il denaro per pagarla, una sventura senza rimedio. Bisognava uccideretutte le capre."

“Era quello l’unico luogo, nello spazio consentito, dove non ci fossero case, e qualche albero variasse la geometria dei tuguri. Perciò lo scelsi come primo soggetto dei miei quadri: uscivo, quando il sole cominciava a declinare, con la tela e i colori, piantavo il mio cavalletto all’ombra di un tronco d’ulivo o dietro il muro del cimitero, e mi mettevo a dipingere. La prima volta, pochi giorni dopo il mio arrivo, questa mia occupazione parve sospetta al brigadiere, che ne avvertí subito il podestà, e mandò, ad ogni buon conto, uno dei suoi uomini a sorvegliarmi. Il carabiniere rimase impalato due passi dietro di me a contemplare il mio lavoro, dalla prima all’ultima pennellata. È noioso dipingere con qualcuno dietro le spalle, anche quando non si temono le malvage influenze, come pare avvenisse a Cézanne: ma checché facessi, non ci fu verso di smuoverlo: aveva la sua consegna. Soltanto, il suo stupido viso mutò a poco a poco la sua espressione indagatoria in una sempre piú interessata; ed egli finí per chiedermi se sarei stato capace di fare un ingrandimento a olio della fotografia della sua mamma morta: che è, per un carabiniere, il massimo punto d'arrivo.”

“Gli Stati, le Teocrazie, gli Eserciti organizzati sono naturalmente piú forti del popolo sparso dei contadini: questi devono perciò rassegnarsi ad essere dominati: ma non possono sentire come proprie le glorie e le imprese di quella civiltà, a loro radicalmente nemica.”

“I briganti difendevano, senza ragione e senza speranza, la libertà e la vita dei contadini, contro lo Stato, contro tutti gli Stati. Per loro sventura si trovarono ad essere inconsapevoli strumenti di quella Storia che si svolgeva fuori di loro, contro di loro; a. difendere la causa cattiva, e furono sterminati. Ma, coi brigantaggio, la civiltà contadina difendeva la propria natura, contro quell’altra civiltà che le sta contro e che, senza comprenderla, eternamente la assoggetta: perciò, istintivamente, i contadini vedono nei briganti i loro eroi. La civiltà contadina è una civiltà senza Stato, e senza esercito: le sue guerre non possono essere che questi scoppi di rivolta; e sono sempre, per forza, delle disperate sconfitte; ”

“Avevo sempre visto che, poiché non hanno i pregiudizi della mezza cultura, i contadini sono, in generale, capaci di vedere la pittura: avevo l’abitudine di chiedere il loro parere sulle cose che avevo fatto. ”
 
“Non può essere lo Stato, avevo detto, a risolvere la questione meridionale, per la ragione che quello che noi chiamiamo problema meridionale non è altro che il problema dello Stato. Fra lo statalismo fascista, lo statalismo liberale, lo statalismo socialistico, e tutte quelle altre future forme di statalismo che in un paese piccolo-borghese come il nostro cercheranno di sorgere, e l’antistatalismo dei contadini, c’è, e ci sarà sempre, un abisso; e si potrà cercare di colmarlo soltanto quando riusciremo a creare una forma di Stato di cui anche i contadini si sentano parte. Le opere pubbliche, le bonifiche, sono ottime cose, ma non risolvono il problema. La colonizzazione interna potrà avere dei discreti frutti materiali, ma tutta l’Italia, non solo il mezzogiorno, diventerebbe una colonia.”

“Siamo anzitutto di fronte al coesistere di due civiltà diversissime, nessuna delle quali è in grado di assimilare l’altra. Campagna e città, civiltà precristiana e civiltà non piú cristiana, stanno di fronte; e finché la seconda continuerà ad imporre alla prima la sua teocrazia statale, il dissidio continuerà. La guerra attuale, e quelle che verranno, sono in gran parte il risultato di questo dissidio secolare, giunto ora alla sua piú intensa acutezza, e non soltanto in Italia. La civiltà contadina sarà sempre vinta, ma non si lascerà mai schiacciare del tutto, si conserverà sotto i veli della pazienza, per esplodere di tratto in tratto; e la crisi mortale si perpetuerà. Il brigantaggio, guerra contadina, ne è la prova: e quello del secolo scorso non sarà l’ultimo.”

“Noi non possiamo oggi prevedere quali forme politiche si preparino per il futuro: ma in un paese di piccola borghesia come l’Italia, e nel quale le ideologie piccolo-borghesi sono andate conta-giando anche le classi popolari cittadine, purtroppo è probabile che le nuove istituzioni che seguiranno al fascismo, per evoluzione lenta o per opera di violenza, e anche le piú estreme e apparentemente rivoluzionarie fra esse, saranno riportate a riaffermare, in modi diversi, quelle ideologie; ricreeranno uno Stato altrettanto, e forse piú, lontano dalla vita, idolatrico e astratto, perpetueranno e peggioreranno, sotto nuovi nomi e nuove bandiere, l’eterno fascismo italiano.”

“Bisogna che noi ci rendiamo capaci di pensare e di creare un nuovo Stato, che non può piú essere né quello fascista, né quello liberale, né quello comunista, forme tutte diverse e sostanzialmente identiche della stessa religione statale. ”

“ L’individuo non è una entità chiusa, ma un rapporto, il luogo di tutti i rapporti. Questo concetto di relazione, fuori della quale l’individuo non esiste, è lo stesso che defini-sce lo Stato. Individuo e Stato coincidono nella loro essenza, e devono arrivare a coincidere nella pratica quotidiana, per esistere entrambi.”


Passi di: Carlo Levi. “Cristo si è fermato a Eboli”.

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