mercoledì 19 febbraio 2014

Il male è nelle cose di Maurizio Cucchi


Copertina di Il male è nelle cose

La psicopatica che è in me.

Non avrei mai immaginato di arrivare a provare il desiderio di bruciare un libro, e invece è successo.
Ho quasi pensato che fosse necessario eliminarlo, o comunque nasconderlo in fondo ad un armadio affinché nessuno potesse leggerlo e farsi eventualmente ispirare da esso.
E’ una sciocchezza lo so. Sicuramente ci sono racconti ben peggiori, dove l’horror e lo splatter la fanno da padroni, che possono influenzare negativamente una mente fragile, ma questo è diverso.
Se il male è nelle cose allora lo è anche in questo libro.
Il fatto è che ci sono dei generi letterari in cui tu già sai a cosa vai incontro, ed io li evito accuratamente, ma in questo caso ci troviamo di fronte ad un romanzo che non fa parte di quel filone truculento che tanto va di moda, no, questo è letteratura.
Maurizio Cucchi sa scrivere.
La storia, nel suo apparente succedere poco o nulla, è avvincente. I capitoli brevissimi, contraddistinti dallo scorrere del calendario, danno un ritmo eccellente al racconto e ci portano alla meta inesorabilmente della definitiva rivelazione del protagonista.
Leggendo varie recensioni ho visto che il Pietro di Cucchi è stato paragonato a Lo Straniero di Camus, ma a mio avviso sono diversi. Se Lo Straniero era avvolto da una sorta di indifferenza alla vita, in Pietro si va oltre. In Pietro c’è una specie di apatia che sfocia in pensieri ossessivi e in raptus veri e propri, che lui tenta di spiegare razionalmente affermando che il male è nelle cose in sé e non tanto in chi le usa, chi ne fa uso non può fare altrimenti che utilizzarle per lo scopo per cui sono state create. Sembra che in Pietro ci sia una sorta di ribellione alla maschera di gentilezza da lui sempre indossata, ma si tratta di una ribellione malsana che lo porta ad atti crudeli verso esseri indifesi ed infine anche ad atti di autolesionismo.
Oggettivamente questo libro è “bello”, è riuscito. L’autore ha la capacità di trasportarci dentro la storia senza noia, sa spiegare la deformazione mentale che si va creando nel protagonista, lo sa fare talmente bene e con una tale verità che per me è insopportabile. Va a toccare tasti che mi inquietano troppo, che mi fanno stare troppo male, non accetto la crudeltà sugli indifesi, nemmeno se apparentemente può avere una spiegazione quasi logica. Da qui è scaturita la voglia di bruciarlo, quasi per difendere menti deboli che potrebbero leggerlo e trarne ispirazione per atti malvagi. Ma ovviamente non lo brucerò. Probabilmente lo terrò invece di liberarmene, come faccio di solito con i libri a cui non mi sono affezionata, ma devo ammettere che l’idea di tenerlo con gli altri mi da un senso di contaminazione. Ecco, vedete? Maurizio Cucchi è stato talmente capace da indurmi a pensare che il male sia davvero nelle cose, in questo libro ad esempio, che mi porta a ragionare come una psicopatica. E bravo Cucchi.

Citazione:
“ In fondo - si diceva - i bambini, che sono natura, dove vedono la debolezza colpiscono senza esitare, senza pietà, e ci provano gusto, soddisfazione.”

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